venerdì 20 aprile 2018

La vera e inquietante storia dietro Winnie the Pooh

Il film “Goodbye Christopher Robin” racconta gli effetti della guerra sulla psiche dello scrittore A.A. Milne e il suo rapporto complicato con il figlio, elementi alla base delle avventure dell'orso che ha incantato i bambini di tutto il mondo.

Esistono storie poco conosciute che si nascondono dietro libri diventati famosi in tutto il mondo. Basti pensare, ad esempio, alla vita di James Matthew Barry, dalla cui penna ha preso vita Peter Pan.

La biografia di Alan Alexander Milne, scrittore, poeta e creatore delle avventure del famosissimo orsacchiotto Winnie the Pooh, è una di queste. Ma non è una favola, e non è neanche a lieto fine. È una storia di guerra, di rapporti complicati tra padre e figlio, e di un successo che travolge e scombussola la vita di un’intera famiglia.

Alla vita di Milne è ispirato il film Goodbye Christopher Robin, uscito ad ottobre 2017 negli Stati Uniti (proiettato in Italia a partire dal 21 dicembre 2017 - NdC) con il titolo Addio Christopher Robin. Nel film, girato da Simon Curtis, regista di Marilyn, lo scrittore è interpretato da Domhnall Gleeson (l’attore che ha recitato come Bill Weasley nei film su Harry Potter), mentre la moglie Daphne è interpretata da Margot Robbie (The Wolf of Wall Street)...

Lo scrittore britannico Alan Alexander Milne, autore di Winnie the Pooh, con suo figlio Christopher Robin Milne, nel 1926. Credit: Howard Coster.

Sebbene nella pellicola alcuni aspetti reali della vita di Alan Alexander Milne siano forse accentuati, come sottolinea un’articolo uscito sul Time, la base del film rimangono le vere vicende accadute allo scrittore britannico, che ne hanno segnato la vita e l’opera.

L’esperienza della guerra

Alan Alexander Milne nacque a Londra nel 1882. Da bambino frequentò una scuola diretta dal padre, dove uno dei suoi insegnanti fu lo scrittore e sociologo britannico Herbert George Wells. In seguito studiò alla Westminster School e al Trinity College di Cambridge, dove si laureò in matematica.

Milne era appassionato di scrittura. Alcuni suoi testi furono infatti pubblicati sulla rivista umoristica britannica Punch, di cui divenne collaboratore e poi assistente di redazione.

Nel 1915, entrò nell’esercito e rimase profondamente segnato dall’esperienza sul campo di battaglia durante la prima guerra mondiale.

Il 7 luglio 1916 rimase ferito in battaglia, e venne rimandato nel Regno Unito. Dopo essersi rimesso in sesto, scrisse articoli di propaganda per il gruppo segreto dell’esercito britannico MI 7b tra il 1916 e il 1918. Venne congedato nel 1919.

Nella sua autobiografia It’s Too Late Now, Milne scrisse che pensare “all’incubo del degrado psichico e morale della guerra” lo rese “quasi fisicamente malato”.

Nel film, la sua condizione viene descritta come un Disturbo post traumatico da stress (PTSD). In realtà, non ci sono elementi certi per confermare che Milne abbia sofferto di questo specifico disturbo.

Quel che è certo è che lo scrittore prese posizione in modo molto forte contro la guerra in un saggio scritto alla fine della guerra e intitolato Peace with Honour e pubblicato nel 1934.

“L’ultima guerra ha coinvolto donne e bambini e trasformato la ricchezza accumulata in macello e rovina. La prossima guerra li coinvolgerà in un massacro e una rovina molto più grande. Questo sembra essere un buon motivo per rendere impossibile la prossima guerra”.

Milne è anche noto per aver detto che si congedò dall’esercito britannico senza aver mai sparato a un nemico.

Lo scrittore si trovò poi di fronte a un dilemma morale, come mostra una lettera esposta all’Imperial War Museum di Londra, allo scoppio della seconda guerra mondiale. “Ritengo che la guerra sia un male minore dell’hitlerismo, credo che l’hitlerismo debba essere ucciso prima che la guerra possa essere eliminata”, scrisse Milne.
Questo lo spinse a tornare nell’esercito durante la seconda guerra mondiale.


Christopher Robin e la fama dopo Winnie the Pooh

Dopo il congedo di Milne dall’esercito, lui e la moglie Dorothy “Daphne” de Sélincourt ebbero un figlio nel 1920.

Si tratta di Christopher Robin Milne, il bambino dalla cui fantasia nascerà il famoso orsacchiotto con la passione sfrenata per il miele.

Tutti i personaggi della storia corrispondevano ai pupazzi di pezza del bambino, incluso Winnie the Pooh, che era il suo orsacchiotto (oggi i pupazzi originali che hanno ispirato la storia possono essere visti alla New York Public Library).

Nel 1925 Milne comprò una casa di campagna, Cotchford Farm, che si trova a Hartfield, nell’East Sussex. Questi luoghi diventarono presto lo scenario in cui furono ambientate le avventure dei personaggi immaginati da Christopher Robin, che diede il nome al ragazzino protagonista di Winnie the Pooh.


Il primo racconto su Winnie the Pooh pubblicato da Milne fu la storia del volo dell’orsetto attaccato a un palloncino, pubblicato nell’edizione natalizia del giornale London Evening News.

La risposta del pubblico fu talmente positiva che Milne decise di raccogliere i suoi racconti migliori nella forma di un romanzo per bambini, Winnie the Pooh, pubblicato nel 1926, che ebbe un grandissimo successo di pubblico e di critica.

Successivamente replicò con la pubblicazione della raccolta Now We Are Six e The House at Pooh Corner.

La fortuna delle storie fu determinata anche dalle illustrazioni di Ernest H. Shepard, che per trarre ispirazione frequentò per qualche tempo la casa di Milne, avendo modo di osservare i pupazzi di Christopher Robin e il boschetto vicino alla casa (divenuto, nel romanzo, il Bosco dei Cento Acri).


Nel 1929, Milne vendette i diritti sui personaggi a Stephen Slesinger e nel 1961 i diritti furono acquistati dalla Walt Disney, che fece di Pooh il protagonista di una serie di cartoni animati, inizialmente adattando le storie originali di Milne e in seguito creandone di nuove.

Il successo della storia di Winnie the Pooh, non ebbe però effetti positivi su Christopher Robin, che fu sottoposto a grande visibilità e pubblicità. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1996 all’età di 75 anni, il figlio di Milne ebbe infatti un rapporto di amore-odio con il suo alter-ego narrativo.

Quando ebbe otto o nove anni Christopher Robin iniziò ad essere bullizzato a scuola e cominciò a disprezzare sempre di più le storie di Winnie the Pooh, anche se il padre non sembrò inizialmente accorgersi di questo.

Da adulto Christopher Robin iniziò a provare del vero risentimento verso suo padre.

Nella sua autobiografia scrisse che il padre “mi aveva tolto il nome e mi aveva lasciato con la fama vuota di essere suo figlio”. Negli ultimi anni di vita di Milne, Christopher Robin lo vide raramente.

Le opere dimenticate di Milne

Anche se Milne diventò famoso in tutto il mondo per Winnie the Pooh, scrisse molte altre opere di teatro, raccolte di poesie articoli e romanzi. Compose anche un romanzo giallo intitolato The Red House Mystery.

Queste opere, tuttavia, non ebbero neanche lontanamente l’accoglienza che ricevette il suo racconto per bambini.

Milne non amava essere considerato un autore per bambini. Continuò a scrivere negli anni Trenta e Quaranta, ma non riuscì a replicare il suo precedente successo.

Nell’autunno del 1952, ebbe un ictus e fu sottoposto a un intervento che lo lasciò su una sedia a rotelle fino alla sua morte, avvenuta nel 1956.

“Suppongo che ciascuno di noi speri segretamente nell’immortalità”, scrisse nel 1926 prima che Winnie the Pooh avesse un successo mondiale. L’immortalità in effetti arrivò, ma non per le ragioni che lui sperava.



Qui sotto il trailer del film



Fonte: www.tpi.it

2 commenti:

  1. “Quando ebbe otto o nove anni Christopher Robin iniziò ad essere bullizzato a scuola e cominciò a disprezzare sempre di più le storie di Winnie the Pooh, anche se il padre non sembrò inizialmente accorgersi di questo”. Vuol dire che nel 1928 già esistevano i bulli, quei vigliacch , gli umani lo siamo quasi tutti, che se la prendono coi più deboli o quelli che loro reputano fiù fiacchi. Credo che per vincere la vigliaccheria occorra acquistare sicurezza in Sé, per reagire a muso duro a questi assalti pusillanimi. Generalmente ti attaccano sul fisico, bgli insegnanti anche sul morale se non soggiaci a prepotenze e-o sfruttamenti più o meno velati. Solo la sicurezza può impedirti di chinare la testa. Vince chi sa ruggire di più contro il capobranco, ché è lì che alberga il seme del male: la codardia. I gregari si ritirano con la mesta coda lupina fra le gambe. Ci sono parecchi “laureati”, di vecchio stampo, che cercano di mortificarti se non lo sei. Con me ora cascano male. Mi vanto di non avere una laurea. Ho dovuto lavorare ed in ogni caso mi sono realizzata senza laurea, perché ho imparato l’organizzazione: ottenere il massimo utile col minimo sforzo. Con l’esercizio s’impara a fare tutto, anche a cantarer se si è stonati. Lo so per esperienza. La memoria non mi ha mai aiutato, perché non ce l’ho. Neache mi serve. E’ evidente che sono più “creativa” che nozionistica. Non ho più bisogno di modelli. Me ne faccio personali, li per lì, quando mi occorrono. Bisogna copiare, per imparare. Copiare con “cognizione di causa” per usare una frase fatta che tutti capiscono. Anche questa è un’arte che poi si abbandona quando si sa fare per conto proprio. Non mi piacciono le caselle. Dalla dama agli scacchi al pavimento massonico, così juventino, dai colori estremi, senza le sfumature dell’arcobaleno. Sono come Natura, più chimica che metalmeccanica, più artista che ragioni eretta dalla partita doppia. Amo il Conto della Serva, con cui nessuno ti può imbrogliare. Ai bmbini raccomanderei di studiare per sapere, non per il voto. Ed ai genitori direi di non torturare chi è stato da loro buttato in questo inferno terrestre senza il Suo Consenso. E’ loro dovere dare stima e fiducia ai Piccoli, senza che diventino arrogati. Ognuno di Noi Animali, umani e non, è unico ed irripetibile, con le sue tendenze ed il “suo” talento, che dceve essere individuato per tempo e impiegato per essere e rendere Felici. Scusate se ho fatto la Maestrina.

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  2. Grazie per il giudizioso intervento Bambilù, vorrei solo precisare che non tutti gli umani sono portati a "prendercela con i più deboli", per fortuna, ma è vero che tanti hanno smarrito l'amor proprio, il rispetto verso se stessi, e di conseguenza verso gli altri.
    Oggi conta più l'avere dell'essere, ci si perde nei giocattoli che usiamo ogni giorno sperando di colmare il vuoto esistenziale, ma non funziona così ..
    E a proposito di maestrina, penso che il ruolo della scuola sia fondamentale. Come ricorda l'articolo pubblicato qui ieri, gli insegnanti dovrebbero godere del massimo rispetto in quanto complementari al ruolo dei genitori (a volte carente), e promotori dello stesso.
    Dico e ripeto che bisognerebbe prevedere, nell'ambito formativo degli insegnanti, una preparazione di tipo pedagogico, e magari sociologico e psicologico. Se ci sono molti insegnanti naturalmente portati alla pedagogia, molti invece si ritrovano inermi nella gabbia delle "belve" e non ce la fanno a controllare le situazioni a rischio, tipo bullismo etc ..
    Guai poi se il bullismo si verifica ai danni di un insegnante, perché se reagisce rischia pure la denuncia!.. :(

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